I dati relativi al mercato del lavoro dipendente nella provincia di Venezia per il 2024, recentemente resi noti dall’INPS, delineano un quadro preoccupante e confermano la persistente precarietà che affligge il mondo del lavoro.
Dall'analisi delle cifre, emergono segnali negativi che richiedono un'immediata riflessione e l'adozione di misure efficaci. In particolare, su oltre 175.532 assunzioni, solo una minoranza, pari al 9,25% (18.978), sono state a tempo indeterminato, mentre una quota significativa, il 33,68% (59.116), è rappresentata da contratti a tempo determinato.
A ciò si aggiunge il peso rilevante di altre forme contrattuali precarie, che con oltre 91.300 unità (di cui 49.000 stagionali, 22.000 in somministrazione e 20.000 a chiamata) costituiscono il 52% del totale. La cosa particolarmente grave e rilevante è che non ci sono dati sulla durata media di questi contratti che potrebbero evidenziare ulteriori elementi negativi, in particolare per la stagionalità.
Anche il confronto tra assunzioni e cessazioni evidenzia criticità: a fronte di un saldo positivo di circa 5.000 assunzioni, si registra una diminuzione degli occupati a tempo indeterminato di 9.813 unità, pari al 34%, e un aumento dei contratti a tempo determinato di 11.899 unità (25,2%). Aumentano anche i lavoratori stagionali (di 751 unità) e gli apprendisti (di 1.962 unità).
La CGIL di Venezia esprime forte preoccupazione per questi dati e sollecita un intervento urgente da parte delle istituzioni e delle parti sociali. È necessario promuovere politiche attive che favoriscano l'occupazione stabile e di qualità, contrastando la precarietà e garantendo ai lavoratori diritti e tutele adeguate.
La situazione del mercato del lavoro nella nostra provincia è allarmante. La precarietà diffusa non solo mina il futuro dei lavoratori, ma frena anche lo sviluppo economico del territorio. Chiediamo con forza un cambio di rotta, con investimenti mirati sulla formazione, sulla sicurezza del lavoro e su politiche industriali che creino occupazione stabile e duratura.
Non possiamo stare in silenzio mentre il mercato del lavoro è sempre più frammentato, instabile e precario. Non è sufficiente rilevare l’aumento del numero di occupati, come molti fanno, per gridare alla “ripresa”.