Mercato del lavoro - il turismo è il principale settore di occupazione

La fotografia che emerge dai dati INPS sull’occupazione nel nostro Territorio, rappresenta un quadro in cui si conferma il peso preponderante nella nostra economia dei settori legati all’attività turistica,

che rappresenta quasi il 30% di tutti i dipendenti privati. Si tratta di settori in cui spesso i contratti di lavoro sono scaduti anche da più di 5 anni e dove il ricorso sistematico ad assunzioni precarie, stagionali e part time rende le retribuzioni estremamente basse. 

Il quadro che emerge segnala una fotografia che assomiglia sempre di più a quella precedente alla fase acuta della pandemia, in cui rallenta la ripresa dei settori industriali e ad alta specializzazione, mentre aumenta il lavoro precario. 

La suddivisione in macro settori vede il terziario avvicinarsi alla metà dei lavoratori della provincia, con il 42,9%, mentre l’industria si ferma al 27,4%, un dato in controtendenza rispetto al territorio nazionale, dove terziario e industria pesano nella stessa proporzione (6.351.890 lavoratori nell’industria, 6.546.913 nel terziario. Fonte: Inail 2022). A confermare una forte frammentazione del lavoro sta la forte sproporzione tra il numero totale delle ditte nei settori, e quello di chi lavora in essi. 

Tra le macro-categorie Ateco nella nostra provincia, l’attività manifatturiera risulta il gruppo più nutrito, comprendendo la quasi totalità delle attività correlate all’industria. Aumentando il dettaglio e andando a vedere le divisoni Ateco , tuttavia, ci rendiamo conto che la situazione cambia notevolmente. Le prime 5 divisioni delle attività nel nostro Territorio, confermano le considerazioni che da tempo facciamo come Organizzazione Sindacale. Emerge con chiarezza come dove vi sia una maggiore occupazione femminile, prevalgano i contratti part time con forti elementi di precarietà, situazione particolarmente evidente nei servizi e nella ristorazione, come anche nell’alloggio. Questo confermerebbe, inoltre, un quadro in cui la precarietà del lavoro e la stagionalità divengono due elementi standard del nostro mercato del lavoro. 

Una panoramica dall’alto sulle divisioni delle attività manifatturiere, mostra una grande vivacità nelle diverse tipologie di azienda. Le diverse aree del nostro Territorio possono vantare lavoratrici e lavoratori che hanno sviluppato altissime competenze in diversi settori produttivi. Restano prevalenti le industrie metalmeccaniche, chimiche, la lavorazione delle pelli e dell’abbigliamento.

I dati sulle assunzioni effettuate sono l’ennesima conferma degli elementi che abbiamo sottolineato: si evince come il contratto a tempo indeterminato sia una forma del tutto residuale e che anche le imprese di maggiori dimensioni utilizzino principalmente il lavoro in somministrazione, stagionale e a chiamata, con più del 50% delle assunzioni, confermando il carattere emergenziale della precarietà nel nostro Territorio.

Il dato delle cessazioni conferma la progressiva riduzione dei contratti a tempo indeterminato e la trasformazione, in atto da tempo, dell’utilizzo di altre tipologie contrattuali, che si intreccia con il fenomeno delle dimissioni, presente in modo rilevante anche nella nostra provincia.

Risulta prevalente la risoluzione per il termine del contratto di lavoro, a conferma dell’alto numero di contratti precari a cui si aggiunge l’importante numero di dimissioni, che rappresentano circa il 25% delle cessazioni e che possono avere differenti motivazioni, dal passaggio ad un’altra azienda sino all’impossibilità di conciliare l’attività lavorativa con le esigenze di cura di anziani o bambini.  

I dati confermano la trasformazione del tessuto produttivo del nostro Territorio, che per le scelte imprenditoriali e politiche sta spostando il mercato del lavoro dal manifatturiero e industriale ad un terziario fortemente indirizzato al turismo. Confermano anche le evidenti ricadute in termini di qualità occupazionale, sfavorendo in misura ancor maggiore le donne.

Amministrazione comunale e Regione, hanno scelto di destinare al nostro territorio il ruolo di provincia turistica, con bassi salari, precarietà, stagionalità e scarso valore aggiunto. Lo dimostrano le scelte che sono state prese riguardo al PNRR, che non rilancia né bonifica Marghera; lo dimostra la mancata attuazione della ZLS e lo sforzo nell’attrarre esclusivamente investimenti nell’industria turistica. 

La più evidente conseguenza è la dispersione del patrimonio di competenze accumulato e condiviso nel Territorio dai lavoratori, in favore di un terziario che spesso predilige lavoratori meno qualificati (che possono essere pagati meno) e che sono costretti a saltare ogni pochi mesi da un contratto all’altro. Al di fuori delle zone ad intensità turistica più elevata - pensiamo ad esempio alle industrie del Miranese e della Riviera - crisi come Speedline e Akzonobel hanno contratto pesantemente l’occupazione.

Le Istituzioni non possono continuare ad essere spettatori inermi di fronte ai cambiamenti economici del Territorio. Le conseguenze altrimenti continueranno ad essere quelle che abbiamo già visto: un Territorio che si presta soltanto allo sfruttamento della propria attrattività turistica. Ad oggi, chi paga il salatissimo conto della mancata gestione dei processi della nostra provincia, sono le lavoratrici e i lavoratori che sono sempre più poveri e precari.

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